Si legge in Esodo 13: “Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco, per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte”. Il popolo di Dio si lasciava alla spalle l’Egitto con i suoi idoli e le sue schiavitù e si dirigeva verso oriente. Desideroso di intraprendere una vita ri-sorta, nata di nuovo, come fa il sole ogni mattina ad oriente.
Durante la veglia pasquale anche noi abbiamo fatto lo stesso cammino verso oriente. In quella notte “veramente gloriosa” abbiamo lasciato - ci auguriamo - alle spalle il nostro personale Egitto per raggiungere l’Altare della chiesa, collocato secondo la tradizione ad est. Ci siamo orientati entrando in Chiesa, seguendo la colonna di fuoco rappresentata dal Cero pasquale e abbiamo intonato l’antico preconio che racconta i prodigi operati dalla Risurrezione lungo i millenni. Sul nostro cero pasquale, quest’anno è stato rappresentato il simbolo del pavone, che insieme al cervo, al leone o all’agnello è simbolo caro ai cristiani fin dalle origini. Talvolta il pavone figura nei programmi iconografici funerari, come all’interno delle catacombe, perché simboleggia la risurrezione. La sua carne era considerata incorruttibile. Sant’Agostino, che talvolta si dimostra piuttosto ingenuo, fa eco a quest’idea fantasiosa, considerando il pavone emblema d’immortalità, o forse non fa che riprendere un simbolo noto a tutti. Capace di annunciare il Kerygma a tutti. Anche il fatto che le sue belle piume ricrescano ogni anno in primavera veniva interpretato come simbolo della gloria della risurrezione. Per cinquanta giorni accanto alla Parola troveremo accesa la nostra colonna di fuoco. Ci auguriamo che insieme alla Parola sia sempre guida per un cammino di quotidiane risurrezioni, verso la bellezza piena della Regno. Ancor oggi considerato una delle figure più enigmatiche e al contempo più celebri del Quattrocento italiano, Antonello da Messina fu un eccellente ritrattista. Fu tra i primi sperimentatori dell'utilizzo della pittura ad olio, capace di donare una vivacità e un realismo che ancora oggi, a distanza di mezzo millennio, rende i suoi ritratti tra i più belli che la storia dell'arte europea abbia mai realizzato, in cui alla fedeltà rappresentativa si associa una capacità unica di penetrazione psicologica dell'individuo ritratto.
Dotati di audioguide i ragazzi hanno potuto ammirare tra gli altri il San Girolamo nello studio, la Crocifissione proveniente da Sibiu in Romania e il celeberrimo Ritratto d’uomo dall’enigmatico sorriso, ma anche lasciarsi affascinare dall’Annunciata, autentica icona, con lo sguardo e il gesto della Vergine rivolti alla presenza misteriosa che si è manifestata, e dall’ Ecce Homo (Cristo alla colonna), in grado di sollecitare in ogni spettatore emozioni e sentimenti. Questa uscita con i ragazzi è nata dalla convinzione dell’urgenza di farli accedere alla bellezza in un mondo spesso disordinato e così poco propenso ad avvicinarli al bello. Insegnargli a fermarsi, in questa fretta di vivere, per prestare attenzione alla bellezza e amarla, perché essa ci aiuta a “uscire dal pragmatismo, dalla logica del consumismo”. Scrive papa Francesco nella Laudato sii: “Quando non si impara a fermarsi (sospendere la corsa), ad ammirare ed apprezzare il bello non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e di abuso”. Lasciamo spiragli alla bellezza! Il suo ruolo non è solo dare emozioni, ma ancor di più aprire orizzonti. “In chi contempla la bellezza – scrive Papa Francesco in Laudato sii – si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana”. La bellezza umanizza, allarga l’anima. Allora è importante insegnare ai ragazzi a fermarsi, e contemplarla: perché lì è raccolto il senso dell’essere. Contemplare un’opera d’arte non cambia il mondo ma insegna a vederlo in modo nuovo. E osservare 15 adolescenti rapiti per un’ora intera dalle opere d’arte, in ascolto attento e silenzioso delle audioguide, porta tanta speranza. |