Nel primo episodio (Mt. 16, 21-24) Gesù annuncia e Pietro reagisce, proprio come farebbe ognuno di noi, allontanando la morte e la sofferenza, ma Gesù lo ricaccia al suo posto e propone ai discepoli, e quindi a ciascuno di noi, di prendere la propria croce e seguirlo, imparando da lui.
Nel secondo episodio di nuovo annuncia la Pasqua (Mt. 17, 22-23) e i discepoli ascoltano e ne sono rattristati, non capiscono perché il loro cuore è indurito, allora Gesù pone in mezzo a loro un bambino come modello perché la conversione significa tornare ad essere come i bambini, puri di cuore, innocenti e docili. Infine nel terzo episodio (Mt. 20,17-27) di nuovo li prende in disparte e spiega loro cosa gli sarebbe successo, per tutta risposta arriva la mamma dei figli di Zebedeo a chiedere per i suoi due figli i posti migliori accanto a Lui nella Gloria. Ciò dimostra come le nostre logiche siano quelle della competizione mentre Gesù ci chiede la compassione, questa è la conversione che dobbiamo fare. Godere solo dell’amore che possiamo dare ai nostri fratelli, cum-patire, patire con i fratelli, soffrire con loro per amore non per una qualsiasi ricompensa questo è il dono più bello di una fede che davvero si incarna nella vita di ogni giorno.
“Il cristiano non è a confronto con una Legge ma con una Persona”. A partire da questa affermazione don Pietro Bonometti ha svolto il terzo quaresimale in programma presso la chiesa dei “mortini”. Non basta credere nell’esistenza di Dio ma bisogna costruire una reale e seria relazione con Lui, riconoscendolo Signore della propria vita. In questa logica, ogni forma di peccato, dal più “veniale” a quello mortale non è considerata tanto una trasgressione alla norma ma una vera e propria offesa alla Persona stessa di Dio, cedimento o frattura nella relazione d’amore con Lui.
Il credente da sempre ha avuto modo di identificare il proprio peccato seguendo alcuni schemi quali il decalogo, il duplice comandamento dell’amore o analizzando pensieri, parole, opere e omissioni della propria vita. E anche se la società contemporanea condiziona non poco le sue scelte, l’uomo è tuttavia dotato di libertà. Don Pietro ha insistito oltremodo sull’importanza di avere una coscienza formata. Citando Gaudium et Spes ha ribadito che la coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità, chiamandolo ad amare, a fare il bene e a fuggire il male. Bisogna rifuggire pertanto frasi fatte che giustificherebbero ogni azione umana come espressione libera della propria coscienza. La Coscienza umana, infatti, deve essere formata e non deformata, limpida e non obnubilata. Il cristiano trova anzitutto nella Parola di Dio luce al suo cammino e nei principi della moralità una pista da seguire e trasmettere fin dai primi anni di vita.
Secondo quaresimale sulla Confessione: mediante il ministero della Chiesa il perdono e la pace.26/2/2018
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